24 mar 2018

RECENSIONE DOPPIA : Heather Morris - Il tatuatore di Auschwitz



TITOLO: Il tatuatore di Auschwitz
TITOLO ORIGINALE: The tattooist of Auschwitz
AUTORE: Heather Morris
SERIE: /
GENERE: Narrativa, romanzo storico
POV: Maschile
FINALE: Autoconclusivo
EDITORE: Garzanti


TRAMA


Il cielo di un grigio sconosciuto incombe sulla fila di donne. Da quel momento in poi sarà solo una sequenza inanimata di numeri tatuata sul braccio. Ad Auschwitz Lale, ebreo come loro, è l'artefice di quell'orrendo compito. Lavora a testa bassa per non vedere un dolore così simile al suo. Quel giorno però Lale alza lo sguardo un solo istante. Ed è allora che incrocia due occhi che in quel mondo senza colori nascondono un intero arcobaleno. Il suo nome è Gita. Un nome che Lale non può più
dimenticare. Perché Gita diventa la sua luce in quel buio infinito. La ragazza racconta poco di , come se non essendoci un futuro non avesse senso nemmeno il passato. Eppure sono le emozioni a parlare per loro. Sono i piccoli momenti rubati a quella assurda quotidianità ad avvicinarli. Ma dove sono rinchiusi non c'è posto per l'amore. Dove si combatte per un pezzo di pane e per salvare la propria vita, l'amore è un sogno ormai dimenticato. Non per Lale e Gita che sono pronti a tutto per nascondere e proteggere quello che hanno. E quando il destino vuole separarli nella gola rimangono strozzate quelle parole che hanno solo potuto sussurrare. Parole di un domani insieme che a loro sembra precluso. Dovranno lottare per poterle dire di nuovo. Dovranno crederci davvero per urlarle finalmente in un abbraccio. Senza più morte e dolore intorno. Solo due giovani e la loro voglia di stare insieme. Solo due giovani più forti della malvagità del mondo. 

RECENSIONE A CURA DI KIRSTEN



"Benvenuti ad Auschwitz." 
"ARBEIT MACHT FREI." 

Non è mai facile approcciarsi ad un libro che tratta temi così delicati e ogni volta che mi appresto a leggere vicende accadute durante la guerra sotto il dominio nazista, non riesco davvero a capacitarmi di come un essere umano possa spingersi così in basso e compiere azioni così terribili.  

Come posso quindi trovare le parole giuste per recensire la storia della vita di Lale e Gita?  

È vita vera, non un libro con fatti e personaggi inventati e adattati al periodo. No, per questo romanzo, l'autrice ha messo assieme i ricordi di un vecchio uomo ebreo sopravvissuto all'Olocausto. Ha rivissuto con lui quei momenti drammatici e con lui, come dice lei stessa, ha sofferto e pianto nell'ascoltare e riportare quelle azioni terribili che hanno segnato senza dubbio alcuno uno, se non il, periodo più buio della storia moderna. 

"«Com'è possibile che una razza, disseminata in numerosi paesi, sia considerata una minaccia?» Finché vivrà - per molto o poco tempo che sia – sa che non lo capirà mai." 

Questo libro narra dunque le vicende di due ragazzi come tanti altri, vissute in un'epoca buia, alle quali viene tolta oltre che la libertà, l'identità e la dignità che ogni essere umano ha il diritto di avere. Vengono costretti a fare cose indicibili pur di sopravvivere, vengono costretti a fare cose indicibili, consapevoli del fatto che lo faranno, proprio per sopravvivere. L'istinto di sopravvivenza è ciò che permette ad una specie, qualunque essa sia, di sopravvivere al tempo. 

Per un caso del destino e grazie alla sua intelligenza e fortissima personalità, Lale diventare il Tätowierer del campo in cui è rinchiuso e questo gli permette di godere di alcuni privilegi che userà per aiutare, a suo rischio e pericolo, gli altri prigionieri.  

"Se salvi un uomo, salvi il mondo intero." 

In quel clima di orrore e morte Lale si innamora di Gita, una ragazza di soli diciassette anni, di origini slovacche. Da quel momento il ragazzo sopravvive, giorno dopo giorno, per riuscire ad andarsene assieme da quell'incubo in cui sono rinchiusi.  

La storia si sviluppa raccontando la quotidianità dei protagonisti che si svolge tra il campo di concentramento di Auschwitz e quello di Birkenau, permettendoci di conoscere nei dettagli il lento scorrere del tempo dei prigionieri. Tre lunghissimi e terribili anni. 

"Tre anni, vi siete presi tre anni della mia vita. Non avrete un giorno di più." 

Ci racconta la nascita e l'evoluzione di un amore, sbocciato in un luogo dove a perdurare è soltanto la morte. Mi sono domandata spesso durante la lettura, come l'amore potesse resistere a tanto orrore ma soltanto alla fine ho trovato la risposta. La risposta sta nelle parole dell'anziano uomo seduto in poltrona che racconta, a volte con estenuante lentezza, a volte con voracità, i ricordi della sua vita vissuta con Gita. 

L'autrice è riuscita davvero a raccontare le emozioni dei protagonisti e dei personaggi secondari che hanno popolato questo libro. Ho pianto per ciascuno di loro, anche per chi nella storia non ha avuto nome e nemmeno un numero, perché non ha fatto in tempo. 

"«E le migliaia di morti tra la nostra gente?» gli urla un giorno. 
 «E quello che hai visto ad Auschwitz con Mengele? Sai quanta gente è passata per questi due campi? Lo sai?» Lale non risponde. 
 «Io vedo le schede con i nomi e le età - bambini, nonni -, vedo i nomi e i numeri. E non mi capacito di quanto siano numerosi.»" 

Lovers, dovete assolutamente leggere questo libro, perché come ha detto Lale all'autrice quando gli ha domandato il perché volesse ripercorrere gli orrori vissuti: «deve essere documentata, perché non si ripeta più».  

Come ho detto all'inizio, non è una lettura facile, ma vi assicuro che una volta girata l'ultima pagina (e quando dico l'ultima intendo proprio l'ultima, comprese note e postfazioni) e asciugato l'ennesima lacrima, vi sentirete piene di ammirazione verso coloro i quali sono sopravvissuti e sono riusciti a tornare alla vita. 

Concludo con le parole che era solito pronunciare Lale a Gita nei momenti in cui lei perdeva la speranza.  

Dovremmo rifletterci su. Noi. Liberi. Liberi di vivere la nostra vita. 

"Se ti svegli la mattina, è una bella giornata." 



Editing a cura di



RECENSIONE A CURA DI LAYLA


Salvare un essere umano è salvare il mondo.” 

Buongiorno Lovers, questo libro l’ho scelto e l’ho voluto leggere non pensando che fosse la narrazione di una storia vera. E’ un libro che ho letto in apnea, sempre con il fiato trattenuto, con il pensiero rivolto a quello che sarebbe potuto accadere ai protagonisti nella pagina successiva. E’ un libro che parla di sofferenza, non solo fisica, di speranza e soprattutto di Amore, quello con la A maiuscola, quello che ti dà la forza di andare avanti nonostante le difficoltà, quello che ti fa credere che ce la puoi fare nonostante la malvagità che ti circonda. 

Fuori” non esiste più. C’è solo “qui”. 

Lale è un giovane uomo ottimista quando inizia il suo viaggio verso Auschwitz, un viaggio da volontario sacrificale, intrapreso per tenere al sicuro la famiglia. Una volta arrivato a destinazione si rende conto che per sopravvivere a quell’inferno deve trovare un lavoro fisicamente non troppo faticoso e che gli permetta di avere dei “bonus”. Così quando Pepan gli propone di aiutarlo, accetta di diventare Tatowierer. Questo non è un lavoro facile: veder sfilare tutte quelle persone, marchiarle con un numero che toglie loro la dignità del nome e infliggere dolore fa soffrire Lale ma è questo lavoro che gli fa incontrare Gita e nell’attimo in cui i loro occhi si incontrano, lui capisce che deve fare il possibile per proteggerla e farla uscire da quel campo di concentramento.  

Per noi ci sarà un domani. Quando sono arrivato qui ho giurato a me stesso di sopravvivere a quest’inferno. Sopravvivremo e ci costruiremo una vita in cui saremo liberi di baciarci quando vogliamo e di fare l’amore quando ci va.” 

 Gita è molto introversa, riservata e pessimista e pensa che da Auschwitz non uscirà mai. Quando inizia a “frequentare” Lale non gli racconta praticamente nulla di sé: non il cognome o il paese di provenienza, solo il suo nome. Questo perché pensa che non ci sia un futuro per lei fuori dal campo e perché il suo passato è solo uno scomodo ricordo di quella vita che non potrà più avere. Solo quando il destino li allontana lei troverà la forza di urlargli il suo cognome, con la speranza che Lale riuscirà in qualche modo a trovarla. 

Qualcosa appena fuori dal sentiero cattura il suo sguardo: un lampo di colore. Un fiore, un unico fiore, che si agita nella brezza. Petali rosso sangue attorno a un cuore nero corvino.” 

Ho letto parecchi libri relativi a questo periodo storico e mai, prima d’ora, mi sono trovata a piangere per quanto raccontato: ho pianto per la sofferenza, l’angoscia, il dolore e la paura che hanno dovuto sopportare Lale e Gita durante quei tre lunghi anni passati nel campo di concentramento. Qualche volta ho gioito intimamente per i piccoli traguardi raggiunti con tanta fatica o per i gesti di amicizia e gentilezza inaspettata. Questa è una storia realmente accaduta coinvolgente ed emozionante e, come dice la scrittrice alla fine del libro, è la narrazione “di due persone normali vissute in un’epoca straordinaria”. Heather Morris è stata davvero molto brava a rendere le scene così reali da farti pensare, a tratti, di essere lì presente con i protagonisti.  

Lale ha vissuto la sua vita seguendo il motto “Se ti svegli la mattina, è una bella giornata” e, probabilmente, è solo grazie al suo perenne ottimismo che è riuscito a superare le grandissime difficoltà che la vita gli ha presentato.  

Voglio stare qui con te, per sempre.” 
Per sempre è un tempo lunghissimo.” 
Oppure potrebbe essere domani.” 
A presto.      


 Editing a cura di



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